Molto lo ha fatto il luogo. La descrizione esaustiva e romantica del posto la leggete qui. Ed è proprio così come Frigieri lo descrive: un posto vivacissimo, dove si può ancora incontrare quell'anzianità nutriente e sorprendente, dove i ragazzi appassionati che curano la parte culturale hanno idee decisamente originali e politicamente importanti, che verrebbe la voglia di farla più spesso, la tratta Scandiano-Albinea-Pontenovo.
Ma la vera scoperta è stata proprio la cantautoralità di Frigieri. Ogni pezzo mi ha trovata con gli occhi umidi a rimpiangere di non conoscerne il testo.
Frigieri suona la chitarra e canta. E fa entrambe le cose molto bene. La sua voce rende molto più dal vivo che negli album in studio, è calda, pulita e con un bel timbro. Mi ricorda quelle delle canzoni che hanno costellato la mia infanzia, quelle delle canzoni di lotta che cantavo con la bocca ancora sporca di latte al posto delle ninne nanne.
E la rabbia, la malinconia che fanno parte di (quasi) ogni pezzo non sono fini a loro stesse, non sono mosse da una carica depressiva, ma comunicano una forte reattività, una potente spinta comunicativa all'esterno.
Questo mi è piaciuto di Frigieri.
E non guasta nemmeno che il ragazzo in questione è, oltre che decisamente belloccio, un vero animale da palco. Anche se il palco è piccolo, o non c'è proprio: ha una presenza importante, che riempie. Ed è bello toccare il rapporto che ha con la sua musica, lui la sua chitarra e i suoi occhi sempre chiusi.
Una bellissima serata.
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